di Carlo Goldoni
regia Giorgio Strehler
messa in scena Ferruccio Soleri, con la collaborazione di Stefano de Luca
scene Ezio Frigerio, musiche Fiorenzo Carpi
movimenti mimici Marise Flach
scenografa collaboratrice Leila Fteita, maschere Amleto e Donato Sartori
con Enrico Bonavera e con (in ordine alfabetico) Giorgio Bongiovanni, Francesco Cordella, Davide Gasparro, Alessandra Gigli, Stefano Guizzi, Sergio Leone, Lucia Marinsalta, Fabrizio Martorelli, Tommaso Minniti, Stefano Onofri, Annamaria Rossano, Giorgia Senesi e i suonatori Gianni Bobbio, Francesco Mazzoleni, Matteo Fagiani, Celio Regoli, Leonardo Cipriani
produzione Piccolo Teatro di Milano - Teatro d'Europa
Fra squilli di tromba e battere di grancassa, si alza il sipario ed eccoli lì gli attori, tutti insieme, il braccio alzato nel saluto al pubblico: Arlecchino, con il suo vestito a pezze multicolori e la sua maschera da gatto è in mezzo a loro. Creato nel luglio del 1947 da Giorgio Strehler reinterpretando la tradizione goldoniana, Arlecchino ha avuto undici edizioni e tre grandi interpreti: Marcello Moretti, Ferruccio Soleri – che per questo ruolo è entrato nel Guinness dei primati – ed Enrico Bonavera, che dal 2000 è stato Brighella oltre ad essersi sempre alternato con Soleri nel ruolo del titolo. Manifesto di un modo di fare teatro, palestra di attori – da sempre gli allievi della Scuola del Piccolo entrano a far parte della grande famiglia di Arlecchino, in un ideale passaggio del testimone con i loro predecessori – lo spettacolo è un atto d’amore assoluto per il teatro.
«Per Goldoni – diceva Strehler – Mondo e Teatro hanno costituito un’unità di intenti e di opere che rende le sue commedie un qualcosa di straordinario perché trasfigura il reale in una misura poetica dal carattere inimitabile, in un brivido lirico di amore. Così quello che un tempo è sembrato gioco, musica e divertimento oggi diventa misura di stile, testimonianza del tempo e del costume, ricerca e scoperta di un’umanità che vive i sui drammi insieme al sorriso e alla tenerezza, in un alternarsi di luci e di ombre, di parole e di silenzio che sorprende chi pensa a un Goldoni rinchiuso nel suo cliché del comico e del ridicolo a tutti i costi».